Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 06 ottobre 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Identificata la cellula di origine del glioblastoma umano. Il glioblastoma è la più frequente ed aggressiva neoplasia primitiva del cervello nell’uomo. A lungo si è cercato, principalmente sulla base di due teorie oncogenetiche, di definirne l’origine cellulare, ovvero di identificare l’elemento citologico che ospita le mutazioni responsabili dello sviluppo del tessuto canceroso. Comprendere questo aspetto della patogenesi è infatti fondamentale per concepire nuove e più efficaci terapie. Da molti anni, più o meno da quando è stata scoperta la neurogenesi nel cervello umano adulto, sono state indicate le cellule staminali neurali della zona sub-ventricolare (SVZ, da subventricular zone) quali possibili candidate, in quanto presentano attività proliferativa durante tutta la vita e acquisiscono mutazioni somatiche. Tuttavia, fino allo studio di Lee & Lee della Scuola di Scienze Mediche e Ingegneristiche di Kaist in Corea, comunicato il primo di questo mese di ottobre, la cellula di origine del glioblastoma è rimasta controversa per mancanza di dirette evidenze nel tumore umano. I due ricercatori coreani hanno fornito le prime evidenze dirette che la prima cellula ospitante le mutazioni driver del glioblastoma è fra le staminali neurali della SVZ umana. Uno studio precedente, condotto dagli stessi autori con numerosi altri collaboratori, giungeva alle stesse conclusioni ed era stato presentato lo scorso mese di agosto su Nature. [Lee J. H. & Lee J. H., BMB Rep., Oct.1, AOP - pii:4365, 2018].

 

Gasdermine: un nuovo possibile obiettivo farmacologico nella terapia dell’ictus. Una delle principali cause di morte in tutto il mondo, l’ictus costituisce ancora un problema terapeutico, in quanto l’efficacia dei mezzi attualmente impiegati rimane limitata. Le gasdermine, una famiglia di proteine di recente identificazione che agiscono come esecutrici di piroptosi e protagoniste nella formazione del poro di membrana, intervengono nella patologia cerebrale indotta dall’ictus. La possibilità di un intervento sui meccanismi del danno promossi da questi polipeptidi, sembra una via percorribile per una nuova sperimentazione terapeutica. [Cfr. Transl Stroke Res. AOP – doi: 10.1007/s12975-018-0666-3, 2018].

 

Biomarkers proteici dei disturbi da deprivazione di sonno. Un’analisi proteomica del siero di ratti sottoposti a deprivazione cronica di sonno, condotta da Ma e colleghi dell’Accademia di Scienze Mediche di Pechino, ha fornito precisi dati sulle alterazioni delle proteine del siero associate a disturbi del metabolismo e della fisiologia del sistema nervoso e del sistema cardiovascolare. Su un totale di 309 proteine studiate, ben 117 presentavano alterazioni indotte dal non poter dormire; fra queste, gli autori dello studio hanno identificato dei potenziali biomarkers della deprivazione di sonno. [Ma B., et al., PLoS One 13 (9): e0199237, 2018].

 

Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina a James P. Allison e Tasuku Honojo. Lunedì primo di ottobre del 2018 alle 11.30, la Nobel Assembly presso il Karolinska Intitutet di Stoccolma ha ufficialmente proclamato l’assegnazione del Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina a James P. Allison (Texas, USA) e Tasuku Honojo (Kyoto, Giappone) “per la loro scoperta della terapia del cancro mediante l’inibizione della regolazione immunologica negativa”. Gli studi dei due premiati hanno consentito lo sviluppo di un principio interamente nuovo nella terapia oncologica. Naturalmente, numerosi nostri soci e associati hanno seguito questo campo di studi in funzione delle possibili applicazioni per le neoplasie del sistema nervoso centrale.

Ricordiamo che lo scorso anno il Nobel per la Fisiologia o la Medicina fu assegnato a Hall, Rosbash e Young per la scoperta dei meccanismi molecolari che controllano i ritmi circadiani, una straordinaria acquisizione che direttamente interessa le neuroscienze e della quale si è a lungo discusso in seno alla nostra società scientifica.

 

Premio Nobel per la Chimica a Frances H. Arnold (1/2) George P. Smith (1/4) Gregory P. Winter (1/4). Gӧran K. Hansson, Segretario dell’Accademia Reale delle Scienze di Svezia, lo scorso mercoledì 3 ottobre 2018 ha annunciato l’assegnazione del Premio Nobel per la Chimica ad Arnold, Smith e Winter, per l’evoluzione diretta degli enzimi (Arnold) e per gli studi sui batteriofagi e il controllo dell’evoluzione degli anticorpi per crearne di specifici a scopo terapeutico (Smith e Winter). Frances H. Arnold è la quinta donna a ricevere questo premio; dai suoi studi sono derivate tecniche che consentono la produzione di biocarburanti, oltre che di farmaci, da anticorpi ad antitumorali. Sir Gregory P. Winter, utilizzando le ricerche di George P. Smith, ha realizzato la tecnica che ha consentito di creare anticorpi terapeutici, il primo dei quali, l’adalimumab, nel 2002 fu introdotto per l’artrite reumatoide.

 

Il comportamento sociale del polpo (Octopus bimaculoides) è mediato dalla serotonina come nella nostra specie. Più di 500 milioni di anni di evoluzione si calcola che separano la nostra specie da quella dei molluschi cefalopodi con otto tentacoli; pertanto, sebbene sia da tempo noto che sistemi di segnalazione serotoninergica siano presenti in invertebrati e vertebrati, non si riteneva che sistemi neuronici comunicanti mediante 5-HT potessero mediare il comportamento sociale degli appartenenti all’Ordine degli Octopoda, notoriamente asociali e solitari. Lavorando su una specie comune in California, Octopus bimaculoide, una varietà simile a quelle di polpi comuni nel basso Tirreno, Edsinger e Dӧlen hanno dimostrato che l’MDMA rinforza nei molluschi il comportamento sociale e che nel DNA è conservato il sito di legame al gene del SERT (serotonin transporter, Slc6A4). Questi risultati provano che un ruolo della neurotrasmissione serotoninergica nella regolazione del comportamento sociale è presente già nel polpo. [Edsinger E. & Dӧlen C., Curr Biol. AOP – doi: 10.1016/j.cub.2018.07.061, 2018].

 

La posizione di Goethe come possibilità nel separare la bellezza dal possesso. Il filo della trama tematica della purezza nella concezione del bello, sviluppato al Seminario sull’Arte del Vivere secondo la traccia del separare la bellezza dal possesso, ha incontrato nuovamente Johann Wolfgang Goethe che, dopo aver offerto lo spunto col suo Viaggio in Italia per discussioni sulla giusta distanza e sulla ricerca della serenità (v. nelle “Notule” del 15-09-18 Goethe e la ricerca della “giusta distanza” affettiva per l’Arte del Vivere; v. nelle “Notule” del 22-09-18 Goethe e la ricerca della serenità dell’Arte del Vivere nei modi di Filippo Neri), suggerisce una possibilità - non ascrivibile ad una tradizione neoplatonica o ad una psicologia direttamente influenzata dal credo religioso - di fare esperienza della dimensione della bellezza nel suo puro valore di gratificazione estetica, e non quale mezzo per la soddisfazione di desideri fisici o, peggio, quale strumento di lucro.

Ecco cosa scrive il 16 marzo del 1787 Goethe a proposito delle esibizioni durante riunioni serali di un’affascinante ventenne inglese, che l’ambasciatore Hamilton propone alla vista dei suoi ospiti quale spettacolo d’arte e natura:

“L’ha abbigliata alla greca, con un costume che la veste mirabilmente; ella poi si scioglie la chioma e, servendosi di un paio di scialli, continua a mutar pose, gesti, espressioni ecc., tanto che alla fine par davvero di sognare. Ciò che avrebbero aspirato a creare tante migliaia d’artisti lo vediamo come realtà in moto, come sorprendente successione di pose. In piedi, in ginocchio, seduta, sdraiata, seria, triste, maliziosa, sfrenata, contrita, minacciosa, timorosa e via dicendo: un’espressione segue a un’altra, e un’altra la sostituisce. Per ciascuna di esse ella sa scegliere e cambiare il drappeggio del velo, e con le stesse stoffe si acconcia in cento modi i capelli. L’anziano cavaliere le regge il lume ed è in costante adorazione davanti alla sua persona. Trova in lei tutte le immagini dell’antichità, i bei profili delle monete siciliane e persino l’Apollo del Belvedere”.

La sequenza di immagini proposta da Goethe ricorda le raccolte di pose delle dive, i book fotografici delle modelle o i calendari illustrati dalle forme avvenenti di future protagoniste del circo mediatico, con un’importante differenza: la genesi è motivata dal puro piacere estetico e non dallo scopo di produrre un profitto. Il gioco al quale si presta la bella ragazza inglese è volto a suscitare ammirazione e può, al massimo, nutrire la sua vanità. La posizione di Goethe è quella del viaggiatore abituato a godere del piacere estatico che deriva dalla contemplazione della natura e che, in qualità di spettatore, condivide l’idea dell’ambasciatore di aver “trovato ora le massime gioie della natura e dell’arte sommate in una bella fanciulla”. Fra gli spettatori vi è il celebre pittore Tischbein che, dopo due di quelle serate, decide di fare il ritratto alla giovane inglese. Il dipinto nasce col proposito di trasferire sulla tela gli elementi evocativi di quell’esperienza, in modo da estendere il piacere estetico.

L’atteggiamento di coloro che contemplano la bellezza, proposto in questo brano del Viaggio in Italia, non è certo quello di potenziali partner della ragazza. La distanza è evidente nel commento di Goethe al comportamento devoto del non più giovane Hamilton: “Sta di fatto che il divertimento è unico!”.

Siamo così abituati all’uso strumentale e commerciale della figura della donna e del corpo femminile, che non facciamo più caso all’imperante volgarità dello sfruttamento della capacità attrattiva a scopo di lucro: questo vendere l’immagine del proprio corpo, definito in sociologia “prostituzione bianca”, non è certo un reato, come non è un reato che altri, remunerando la donna come nel lenocinio, tengano per sé il profitto ottenuto dalla prestazione. Tuttavia, questo costume ha un’incidenza negativa molto marcata, sia in chiave morale, perché reifica costantemente il corpo mercificandolo, sia in chiave estetica, perché cancella il valore del bello presentandolo esclusivamente come mezzo per un fine diverso, al punto che la maggior parte delle persone oggi non comprende realmente cosa volesse dire l’autore del Werther con “le massime gioie della natura e dell’arte”, perché non è più capace di quello sguardo puro che genera gioia.

All’Arte del Vivere si è discusso anche di un altro grave epifenomeno di questa indigestione di “immagini da ignorare”: abituarsi a non guardare e cercare il bello, e così come bruti a non comprenderlo più, perché ogni giorno con martellante insistenza si è indotti a reagire alle donne delle immagini quali teaser, e allo stesso tempo ignorarle per il loro significato di semplice mezzo per la richiesta di acquisto di un prodotto; così si impara ad essere refrattari e si coltiva l’insensibilità del gusto.

 

Notule

BM&L-06 ottobre 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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